Relatore di minoranza per la IX Commissione
Data: 
Giovedì, 2 Febbraio, 2023
Nome: 
Anthony Emanuele Barbagallo

A.C. 750-A

Grazie, Presidente. Onorevoli colleghi, rappresentanti del Governo, nel momento in cui il Paese aveva ben altre emergenze, dal caro bolletta all'inflazione, dalla guerra in Ucraina al divario sempre più crescente con il Mezzogiorno, dalla disoccupazione alla dispersione scolastica, il Governo Meloni-Salvini ha autorizzato inopinatamente la decretazione d'urgenza per intervenire nella disciplina del soccorso in mare. Più che di decreto per la gestione dei flussi migratori, dovremmo ribattezzare il provvedimento come decreto Naufragi.

Una cosa è certa: se questo provvedimento verrà convertito in legge, il soccorso in mare sarà più difficile, nonostante le garanzie previste dalle fonti internazionali, fonti internazionali e convenzioni internazionali che in questa sede è opportuno richiamare. Innanzitutto, ci sono la Convenzione internazionale in materia di diritto del mare e la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali. Mi preme ribadire alcuni degli articoli di questa Convenzione: l'articolo 2, con il richiamo al diritto alla vita; l'articolo 3, che fa riferimento alla proibizione della tortura e di trattamenti inumani o degradanti; l'articolo 5, con riferimento al diritto alla libertà e alla sicurezza, nonché, nel Protocollo addizionale, l'articolo 4, relativo al divieto di espulsioni collettive di stranieri, e, nel Protocollo n. 7, l'articolo 1, relativo alle garanzie procedurali in caso di espulsione di stranieri. Tutti i Paesi che formano il Consiglio d'Europa sono parte della Convenzione e ne sono parte tutti i membri dell'Unione europea.

E, ancora, ci sono le norme nazionali, internazionali ed europee in materia di diritto di asilo. Poi, la nostra Carta costituzionale, che, in particolare all'articolo 10, comma 3, riconosce allo straniero, al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, il diritto d'asilo nel territorio della Repubblica secondo le disposizioni di legge. Ancora, la Convenzione di Ginevra del 28 luglio 1951, l'articolo 78 del Trattato di Lisbona e le 3 direttive UE, la n. 95 del 2011, la cosiddetta direttiva Qualifiche, la n. 32 del 2013, la direttiva Procedure, e la n. 33 del 2013, la direttiva Accoglienza, per non parlare, poi, del Protocollo addizionale della Convenzione delle Nazioni Unite contro la criminalità transnazionale organizzata per combattere il traffico illecito dei migranti via terra, via mare e via aria, reso esecutivo dalla legge 16 marzo 2006, n. 146.

Il decreto-legge, che è all'esame dell'Aula oggi, è stato ampiamente criticato e fortemente avversato da tutte le forze sociali, dalla Chiesa cattolica e dalle associazioni e organizzazioni umanitarie, con Amnesty International su tutte. Con una squallida azione propagandistica posta in essere da parte delle forze politiche di destra si vorrebbe, da un lato, invertire il principio antico quanto il mondo che chi salva una vita in mare compie un gesto eroico, dall'altro, macchiare la reputazione delle ONG, facendo credere che esse siano complici dei trafficanti di essere umani. Alle ONG e ai volontari va il nostro più vivo e fervido ringraziamento per la straordinaria e colossale azione umanitaria che svolgono ogni giorno. Va ricordato in questa sede che prima del 2014 esse non facevano soccorso in mare, bensì si dedicavano ad altre attività, e sono subentrate in questo settore perché tanti Stati hanno deciso di disinvestire in esso, dati anche gli elevati costi. Nonostante la retorica, va ricordato come le ONG continuino a ricevere cospicue donazioni spesso derivanti da piccoli contributi di una pluralità di cittadini.

Vi è un dato doloroso, signor Presidente: nonostante gli sforzi sovrumani, le ONG suppliscono alle carenze degli Stati e riescono, però, a salvare appena il 10 per cento di chi si mette in mare e fa male l'azione posta in essere dal Ministro Salvini che più volte ha dichiarato, in campagna elettorale, che avrebbe rimandato a casa, dopo aver assunto l'incarico di Ministro, 500 mila immigrati irregolari, quando, invece, poi, la percentuale dei rimpatri e il loro ritmo sono stati uguali esattamente a quelli dei Governi precedenti.

Venendo al testo, il cuore del provvedimento è l'articolo 2-bis e, segnatamente, dalla lettera a) alla lettera f), con cui viene introdotto un ulteriore comma nel decreto-legge n. 130 del 2020; dalla lettera a) alla lettera f) vengono introdotte una serie di rigorose prescrizioni che devono ricorrere congiuntamente e che rendono sostanzialmente più difficile, più difficoltoso, il soccorso in mare. Si tratta, appunto, delle condizioni che gli operatori di soccorso devono rispettare: la nave che effettua in via sistematica attività di ricerca e soccorso in mare deve operare secondo autorizzazioni o abilitazioni rilasciate dalle competenti autorità dello Stato di bandiera e deve possedere requisiti di idoneità tecnico nautica alla sicurezza della navigazione; deve informare tempestivamente le persone prese a bordo della possibilità di richiedere la protezione internazionale e, in caso di interesse, raccogliere i dati rilevanti da mettere a disposizione delle autorità; deve richiedere, nell'immediatezza dell'evento, l'assegnazione del porto di sbarco; deve raggiungere il porto di sbarco assegnato dalle competenti autorità senza ritardo per il completamento dell'intervento di soccorso; deve fornire alle autorità per la ricerca e il soccorso in mare italiane, ovvero, nel caso di assegnazione del porto di sbarco, alle autorità di pubblica sicurezza, le informazioni richieste ai fini dell'acquisizione di elementi relativi alla ricostruzione dettagliata - quel “dettagliata” è veramente insopportabile - delle operazioni di soccorso poste in essere; inoltre, le modalità di ricerca e soccorso in mare da parte della nave non devono aver concorso a creare situazioni di pericolo a bordo, né impedito di raggiungere tempestivamente il porto di sbarco. Presidente, nel corso di tutto l'iter normativo, il Partito Democratico, anche dopo aver ascoltato le audizioni nelle Commissioni I e IX, ha provato ad avversare in ogni modo, e lo continueremo a fare in quest'Aula, ogni singola parola di queste prescrizioni rigorosissime.

Continua, la disposizione, prevedendo il fermo amministrativo in luogo della sanzione pecuniaria e, addirittura, col comma 2-quinquies, la confisca della nave nel caso di reiterazione delle presunte violazioni. Un altro aspetto che fa veramente male della norma è quello con cui vengono categoricamente vietati i salvataggi multipli che, oggi, sono resi, peraltro, ancora particolarmente difficili. Nel corso di tutto l'esame abbiamo sottolineato come la previsione del testo cozzi, contrasti con la realtà. Nell'immaginario del Governo sembra quasi che il salvataggio si stia concretizzando a riva, vicino alla spiaggia, quando invece le condizioni sono proibitive - abbiamo detto che il 90 per cento dei migranti, ahimè, perde la vita - e nel corso di tutto l'esame è mancata anche questa capacità di confronto da parte della maggioranza e la capacità di sottolineare la profondità delle questioni umane che nel testo emergono chiaramente.

Signor Presidente, nei mesi scorsi a Catania, esercitando le prerogative parlamentari, ho avuto la possibilità di guardare negli occhi queste persone, di constatarne la sofferenza, lo smarrimento e la disperazione. Quella sofferenza non merita di essere strumentalizzata ai fini della costruzione del consenso elettorale o, peggio ancora, utilizzata come specchio per le allodole per distogliere l'attenzione del Paese rispetto ai suoi veri problemi. In questa sede è opportuno ribadire, come già fatto in tutto il procedimento normativo, che il Partito Democratico chiederà controlli approfonditi anche sulle scelte del Governo relative alla gestione dei porti. Siamo molto preoccupati e saremo vigili, affinché nell'assegnazione dei porti per gli sbarchi dei migranti soccorsi in mare venga scelto il porto più adeguato. È inaccettabile che si scelgano porti sempre più lontani rispetto al luogo del soccorso.

Di fatto, infatti, la combinazione del nuovo testo del decreto-legge e la nuova prassi di prevedere porti di sbarco molto distanti dal luogo di salvataggio mette ulteriormente a rischio la tutela dei diritti delle persone soccorse in mare e di quelle impegnate nei salvataggi. In particolare, ci sono tre aspetti che ci preme ribadire in questa sede: l'obbligo di procedere allo sbarco immediatamente dopo ogni operazione di salvataggio, con riferimento ai requisiti c) e d) del decreto in oggetto, combinato con la previsione di luoghi sicuri che si trovano a diversi giorni di navigazione dalla posizione in cui è stato effettuato il salvataggio, ha come risultato quello di costringere le navi di soccorso, con a bordo persone già in situazione di vulnerabilità, a trascorrere una parte significativa del loro tempo nei trasferimenti, piuttosto che nelle aree del Mediterraneo centrale dove statisticamente è più probabile che avvengano naufragi. In assenza di uno sforzo statale italiano ed europeo per pattugliare quelle aree con mezzi navali pronti a intervenire in caso di pericolo, l'allontanamento forzato delle navi di soccorso delle ONG aumenta significativamente il rischio di perdita di vite umane in mare.

Inoltre, le nuove paventate misure non possono essere giustificate dalla presunta necessità di garantire una più equa distribuzione delle persone in Italia. Ciò è ancora più evidente se si considera che questo obiettivo può essere facilmente raggiunto con mezzi meno invasivi e rischiosi, come i trasferimenti via terra, che negli anni passati hanno permesso di distribuire i nuovi arrivati.

L'ulteriore considerazione fa riferimento all'impossibilità di responsabilità eccessive o ingiustificate al comandante della nave, sempre all'interno del requisito b) previsto dal comma 2-bis del decreto. Se le indagini di base da parte del comandante sulle persone soccorse possono essere necessarie e appropriate, tuttavia quest'ultimo non dovrebbe essere incaricato di valutare le richieste di asilo e dovrebbe, invece, concentrarsi sulla consegna delle persone soccorse in luogo sicuro, il prima possibile e senza ritardi inutili, come stabilito nelle Linee guida sul trattamento delle persone salvate in mare dell'Organizzazione Marittima Internazionale.

Il terzo aspetto è sempre in riferimento agli aspetti del comma 2-bis e, in particolare, sul requisito della lettera a): la reiterazione di obblighi preesistenti, come quello di operare in conformità con le autorizzazioni e le certificazioni delle autorità competenti, che potrebbe essere vista semplicemente come pleonastica, in realtà, accompagnata da sanzioni aggiuntive, discrimina negativamente le navi di soccorso delle ONG. A tale proposito ricordiamo che ostacolare il lavoro dei difensori dei diritti umani, quali sono i soccorritori delle ONG, in quanto forniscono assistenza salvavita, può mettere uno Stato in violazione dei suoi obblighi di protezione del diritto alla vita codificato in diversi strumenti internazionali, in particolare nell'articolo 6 del Patto internazionale sui diritti civili e politici e nell'articolo 2 della Convenzione europea sui diritti umani.

Inoltre, come sottolineato dalla Commissione europea, la criminalizzazione delle ONG o di qualsiasi altro attore non statale che effettua operazioni di ricerca e salvataggio in mare, pur rispettando il quadro giuridico pertinente, equivale a una violazione del diritto internazionale e, pertanto, non è consentita dal diritto dell'Unione europea.

Concludendo, Presidente, oltre alle argomentazioni e ai richiami di natura normativa, c'è un ultimo aspetto che voglio evidenziare. Nel corso del procedimento normativo si è accesa un'intensa polemica tra le forze parlamentari, poi sedata da un emendamento dei relatori, che destina una parte delle sanzioni amministrative ai porti e ai comuni che subiscono maggiormente l'afflusso dei migranti o che sono chiamati a gestire il flusso dei migranti. Noi riteniamo questa misura non sufficiente; andrebbe previsto un apposito capitolo di spesa, perché il costo che sopportano i comuni che si trovano a gestire i migranti è un costo economico eccessivo, consistente.

Faccio l'esempio della realtà che conosco meglio, che è quella di Lampedusa, che più volte abbiamo visitato e che seguiamo quotidianamente con grande attenzione. Nel corso degli ultimi anni, il comune Lampedusa rischia anche il dissesto e, certamente, la gestione dei flussi migratori e non aiuta per le continue emergenze che, quotidianamente, è chiamato a svolgere l'ente locale. Per questo riteniamo, Presidente, che venga fatta giustizia da questo punto di vista e venga fatta una riserva sui fondi degli enti locali, venga assegnato un capitolo di spesa, affinché i comuni che ogni giorno si misurano su questo fronte difficilissimo abbiano almeno la possibilità di godere di un cospicuo e consistente ristoro economico, anche per garantire i servizi essenziali legati a quel comune, la riqualificazione delle infrastrutture, indispensabili per procedere in modo ordinato a questa gestione. Per tutte le ragioni esposte, Presidente, invitiamo la Camera a votare contro il testo oggetto del dibattito di oggi.